Perchè la presunta “etica pubblica” delle Costituzioni si fonda su un presupposto ineludibile, ossia che non sia la Costituzione regola per la società, ma viceversa la società regola per la Costituzione e per il significato sempre in divenire delle sue disposizioni?
Il principio di laicità dello Stato, che la stessa Corte costituzionale italiana nella nota e storica sentenza n. 203/1989 definisce “principio supremo” dell’ordinamento costituzionale italiano il quale non implica indifferenza nei confronti del fenomeno religioso ma eguale rispetto e considerazione verso tutte le confessioni, costituisce una delle caratteristiche dello Stato costituzionale.
Il prof. Antonino Spadaro dell’Università degli Studi “Mediterranea” di Reggio Calabria sul punto ha autorevolmente sostenuto come lo Stato laico altro non sia che lo Stato costituzionale e, dunque, non caratterizzato dall’indifferentismo assiologico, ma dotato di una precisa etica pubblica, ossia quell’etica che si fonda sui principi e sulle regole del gioco fondamentali, espressi dalla Costituzione e condivisi dai consociati. Anzi, è stato precisato (Vincenzo Baldini), che i contenuti della garanzia connessa al principio di laicità dello Stato vengono a determinarsi essenzialmente alla luce della valenza personalistica che anima il Testo costituzionale.
Ora, a parte il fatto che il principio personalistico di cui all’art. 2 della Costituzione repubblicana vigente del 1948 ha assunto, come conferma la stessa giurisprudenza costituzionale, le più svariate declinazioni (mostrando la sua discendenza dal personalismo modulare di Emmanuel Mounier (1905/1950) ed altri), c’è da chiedersi quali siano in concreto i principi e le regole del gioco e, dunque, quale visione della vita lo Stato laico/costituzionale sostiene. A me pare che, lo scrive il prof. Gustavo Zagrebelsky nella sua opera “Il diritto mite” del 1992, l’unico meta/valore assoluto accolto dalla Costituzione (ma potremmo dire dalle Costituzioni “pluraliste”) sia il continuo bilanciamento di principi e interessi tra loro contrapposti che dovrebbe raggiungere, ad opera del legislatore, il punto di ragionevolezza e di proporzionalità (concetto molto relativo), sempre sottoponibile al vaglio della Corte costituzionale attraverso il parametro dell’art. 3 Cost.
Questo significa che le disposizioni costituzionali sono liquide, da realizzare evolutivamente e aperte a qualunque tipo di contenuto a seconda dei desiderata presenti all’interno della società. Pertanto, la presunta “etica pubblica” delle Costituzioni si fonda su un presupposto ineludibile, ossia che non sia la Costituzione regola per la società, ma viceversa la società regola per la Costituzione e per il significato sempre in divenire delle sue disposizioni. Di conseguenza, l'”etica pubblica costituzionale” assume una dimensione inevitabilmente “anfibia”. Ha, dunque, ragione l’amico e collega prof. Rudi Di Marco quando rileva come “alla secolarizzazione del sacro nella sfera politica si è aggiunta, grazie al processo di razionalizzazione della modernità e di costituzionalizzazione degli Stati odierni, la secolarizzazione sia della morale, sia della cultura e sia del diritto (si parla oggi spesso in modo apodittico di morale laica, di diritto laico, di cultura laica, di bioetica laica), connotando in tal modo quasi inconsapevole la laicità come un concetto normativamente insaziabile”.
Prof. Daniele Trabucco il 07 Gennaio 2024