La restaurazione cristiana della societá quale ancora di salvezza per l’uomo moderno contro le derive relativistiche e nichilistiche di Daniele Trabucco
Il canone della modernitá si compone di due elementi distinti: 1) una attenzione alla natura fisica ed all’uomo che relega Dio in secondo piano, se non addirittura lo sopprime; 2) un accentuato antropocentrismo con il primato della autodeterminazione della persona (c.d. libertá negativa) che si emancipa da ogni condizionamento trascendente, tradizionale e corporato.
Entrambi questi due aspetti comportano precise conseguenze: l’enfasi sul progresso scientifico quale capacitá di dominio sul reale, la prioritá della libertá sulla Veritá, la fede cieca nello sviluppo delle tecniche e l’accento sulla sfera economica e sulle esigenze sempre piú insaziabili dei mercati.
Si tratta di una modernitá quale atto della volontá umana sempre piú sganciata dal reale a vantaggio dell’ “ego”. San Pio X, pontefice alle “soglie del secolo breve” dal 1903 al 1914, combatte non la modernitá buona, che rafforza i canoni della visione umana e soprannaturale del mondo che il cristianesimo accoglie, bensí quella “volterriana”, intrinsecamente autoreferenziale, antiumana ed antidivina.
Questo tipo di modernitá, che non ha una sua propria essenza filosofica e che il compianto mons. Antonio Livi (1938–2020) invitava a leggere con le categorie della sociologia e non della filosofia, rifiuta ogni realismo e, priva di ancoraggi forti, spinge al tanto decantato dialogo (su quali premesse, con quali contenuti e per quali fini?) e di conseguenza al compromesso con il mondo.
É questa concezione che Papa Sarto, nella Lettera Enciclica “Pascendi” dell’ 08 settembre 1907, condanna attraverso una sorta di “reductio ad unum” (Sanguinetti) del pullulare di soggetti, scritti e correnti di cui si compone la “sintesi di tutte le eresie”. Dalla morale soggettiva, dall’etica della situazione, da una storia del mondo e della Chiesa appiattita sullo storicismo il pontificato piano prende in modo chiaro e netto le distanze.
Alla “rerum novarum cupido” Pio X contrappone la restaurazione cristiana della societá quale ancora di salvezza per l’uomo moderno contro le derive relativistiche e nichilistiche di fronte alle quali si crede di tutelarsi esclusivamente con la scienza e la tecnica, i nuovi “dei mortali”. Scrive il pontefice di Riese che, nonostante le critiche di antimodernità e di posizione antiscientifica attirate dall’Enciclica sulla Chiesa, il suo compito resta quello di “custodire il deposito della fede” (si legge all’inizio della “Pascendi”) al fine di “restaurare omnia in Christo” (cosí san Pio X, “E supremi apostolatus” del 04 ottobre 1903).
Prof. Daniele Trabucco il 29 Gennaio 2024