La legge morale naturale deriva dall’essenza metafisica dell’uomo, ció che lo rende quello che é: questa permane in ogni mutamento storico e, quindi, é sempre uguale e conoscibile dall’uomo.
La filosofia moderna, soprattutto a partire da Cartesio (1596-1650), si é allontanata dal pensiero classico ed é passata dal primato dell’essere al primato del soggetto che viene inteso come creativitá di valori (modulabili) e di storia, o meglio come coscienza che emerge in modo libero senza vincoli e condizionamenti (la c.d. “libertá negativa”).
La conseguenza di questo approccio é “l’etica della situazione”, per cui il bene puó e deve essere “scoperto” e “inventato” dal singolo all’interno della situazione concreta (qualora si ritenga, ad esempio, che la vita non é degna di essere vissuta, perché non ricorrere all’eutanasia?).
Il pensiero moderno fonda, dunque, esso stesso l’essere: l’essere ed il bene procedono dalla nostra coscienza, perdendo qualunque dimensione oggettiva. In questa prospettiva la ragione costruisce norme morali in relazione alla storicitá del momento. Il loro contenuto é in continuo divenire ed é determinato dalla variabilitá dei condizionamenti culturali e sociali.
Una vera filosofia della persona, invece, ritiene che diritto naturale e veritá siano una identica cosa. La legge morale naturale deriva, allora, dall’essenza metafisica dell’uomo, ció che lo rende quello che é. Questa permane in ogni mutamento storico e, quindi, é sempre uguale e conoscibile dall’uomo. La bontá e la malvagitá certamente provengono dalla persona umana, dal suo orizzonte di libertá il quale, peró, é sempre collocato all’interno di un ben preciso orizzonte ontologico che funge da criterio per valutare la conformitá dell’ “agere” (dell’agire) al vero ed al giusto.
Ogni ente ed ogni realtá possiedono, infatti, una tendenza o inclinazione naturale a divenire la loro essenzialitá, a realizzare il loro fine, ossia il loro bene. Se cosí non fosse, cioé in mancanza di un ancoraggio all’essere, ognuno seguirebbe la propria volontá non illuminata dalla ragione contemplativa e riterrebbe giusta e vera qualunque azione quale risultato del suo “velle”, del suo autodeterminarsi. E quando quella volontá si fa “generale” e viene imposta ai consociati?
L’uomo, se non vuole cadere nella follia della “non veritá”, é chiamato a praticare l’essere nel suo ordine e, dunque, a compiere il suo dover essere. Con buona pace dei moderni…
Prof. Daniele Trabucco Costituzionalista il 15 Marzo 2024