Perchè si possono intravvedere gli orizzonti cui conducono le tanto decantate “elasticitá e duttilitá”: favorire l’accentuazione del conflitto dove ognuno punta “l’arma dei propri diritti soggettivi contro gli altri”, precludendo la costruzione di un autentico ordine politico che é tale nella misura in cui rispecchia la Costituzione naturale? di Daniele Trabucco
Il Presidente della Repubblica pro tempore, Sergio Mattarella, in occasione di un incontro di “creator” al Palazzo del Quirinale, dialogando sulla Costituzione italiana vigente l’ha definita “estremamente giovane” e caratterizzata da una “duttilitá ed elasticitá” che la rendono idonea ad adattarsi a situazioni nuove e non previste rispetto al momento storico della sua entrata in vigore.
L’agenzia Ansa, nel comunicare la notizia, ha parlato addirittura di “lezione di Diritto Costituzionale”. Che cosa nasconde, in realtá, questa prospettiva e qual é la reale conseguenza di questo approccio? Ritenere il Testo fondamentale del 1948 “duttile ed elastico” significa ammettere che “la Costituzione” sia “la societá nel suo radicamento” (cfr. M. BERTOLISSI, Un giorno dopo l’altro, Napoli, Jovene, 2010, p. 98). Ora, dovrebbe essere la Costituzione la regola per la societá, come ha sapientemente insegnato il prof. Danilo Castellano dell’Universitá degli Studi di Udine, e non la societá il “vestito” del Testo costituzionale, ossia lo strumento giuridico per la realizzazione di qualsivoglia progetto (lo sostiene il costruttivismo) o di qualunque compromesso politico-sociale (lo afferma la dottrina politologica dello Stato). Infatti, le societá che intendono porsi come criteri delle Costituzioni, piegandole, in nome della loro “duttilitá ed elasticitá” ai diversi mutamenti storici, economici, sociali e culturali, sono “senza Costituzione”.
Detto diversamente, pur partendo da un testo scritto, la Costituzione formale, il significato delle disposizioni deve essere continuamente costruito con la conseguenza che il Testo fondamentale assume una “normativitá variabile”, dando vita, in virtú della sua continua adattabilitá, ad un ordinamento giuridico modulare e necessariamente sempre aperto. Questo significa che il vitalismo sociale permea il significato delle disposizioni, facendo della “liquiditá” la caratteristica della normativitá della Costituzione la quale consentirebbe la conservazione di qualunque contenuto presente nella societá con l’unico limite, imposto dalla dogmatica costituzionale, di mantenere sempre la coesistenza dei diversi contenuti (ad esempio, si riconosce il diritto alla tutela del concepito ai sensi degli artt. 2 e 31 Cost., ma al contempo si sostiene che il diritto in esame possa collidere con altri beni meritevoli di tutela costituzionale: cfr. sent. n. 27/1975 precedente la legge ordinaria dello Stato n. 194/1978 sull’interruzione volontaria della gravidanza).
Si possono, allora, intravvedere gli orizzonti cui conducono le tanto decantate “elasticitá e duttilitá”: favorire l’accentuazione del conflitto dove ognuno punta “l’arma dei propri diritti soggettivi contro gli altri”, precludendo la costruzione di un autentico ordine politico che é tale nella misura in cui rispecchia la Costituzione naturale. In questo modo, per l’effetto irradiante della Costituzione evolutivamente realizzata (Miguel Ayuso), si pongono le condizioni che minano le fondamenta stessa della convivenza civile. Il rischio, pertanto, é quello di tornare ad un nuovo “stato di natura” da cui il costituzionalismo moderno ha creduto di aver liberato l’uomo. Forse, sarebbe stato meglio indirizzare la “lezione di Diritto Costituzionale” quirinalizia verso un altro approccio filosofico-giuridico.
Prof. Daniele Trabucco Costituzionalista il 17 Marzo 2024