Tra “patriottismo costituzionale e orgie ideologiche”: riflessioni sulla Costituzione repubblicana, entrata in vigore il 01 gennaio 1948, come Testo fondamentale conseguente una disfatta ed una sconfitta bellica di Daniele Trabucco
Dalla “Costituzione piú bella del mondo” del comico Roberto Benigni alla “Costituzione estremamente saggia e giovane” del Presidente della Repubblica pro tempore, Sergio Mattarella, in occasione dell’incontro al Quirinale con alcuni “influencer”. Tutte affermazioni intrise di una retorica e di un “patriottismo costituzionale” molto lontani dalla realtá.
In primo luogo, la Costituzione repubblicana, entrata in vigore il 01 gennaio 1948, é il Testo fondamentale conseguente una disfatta ed una sconfitta bellica. Lo scopo dell’Assemblea Costituente era quello di giustificare il giá intervenuto mutamento del regime politico determinato dalla vittoria delle “Potenze alleate e associate” e dell’ Unione della Repubbliche Socialiste Sovietiche. In altri termini, la Costituzione aveva come fine quello di stabilire un “modus vivendi” tra le forze politiche aderenti al CLN (Comitato di Liberazione Nazionale), pervenendo ad un compromesso tra l’ “interpretazione democratica formale dell’Occidente” e quella “progressiva” sovietica secondo lo spirito di Yalta. Non era, dunque, possibile prevedere un modello diverso (alla faccia della “saggezza”). Si commise l’errore, peró, come ammoniva intelligentemente Carlo Costamagna (1880–1965), di aver reso questo “spirito” definitivo e di averne fatto l’animatore del nuovo corso politico repubblicano.
In secondo luogo, se l’ordinamento precedente aveva insistito sui concetti di Patria e di comunitá politica, i redattori della Costituzione italiana non solo si abbandonarono ad una vera e propria “orgia ideologica” fondata sui motivi del piú aberrante individualismo (oggi favorito dalle interpretazioni “dinamizzanti” del giudice delle leggi), ma scelsero una versione razionalista di civiltá, l’anticamera della omologazione in corso che nega pure le differenze biologiche: mai un Testo costituzionale ha abusato delle “dichiarazioni dei diritti” che su 139 articoli ne occupano ben 54 e che, lo sottolineava il prof. Oreste Ranelleti (1868–1956), costituiscono mere “enunciazioni di ideologie politiche e sociali” modulabili dal legislatore a seconda delle risorse finanziarie disponibili e del sentire sociale, nonché mancanti di una chiara fisionomia orientatrice (cosí Arturo Carlo Jemolo (1891–1981) sul principio personalistico di cui all’art. 2 Cost.).
In terzo ed ultimo luogo, in nome della “ciambella di salvataggio” espressa nell’art. 11 del Testo costituzionale, abbiamo sia giustificato il percorso di integrazione europea nonostante gli scopi perseguiti dall’attuale Unione Europea siano contrari all’interesse nazionale, sia qualunque possibile intervento militare (con la sola esclusione, forse, della “guerra di aggressione”): dalla guerra di difesa alle operazioni militari di “peace keeping”, dalla dotazione di armi ed equipaggiamenti alla Repubblica di Ucraina voluta dai Governi Draghi e Meloni al possibile invio di soldati Nato (anche italiani) qualora la sconfitta di Kiev dovesse risultare sempre piú evidente. Di una Costituzione la quale, anziché essere strumento ordinatore dell’essere, ha codificato, secondo la lezione di Giuseppe Capograssi (1889–1956), “le esigenze passionali e letterarie piú che effettive” di quel momento storico, possiamo fare una cosa sola: studiare un modello di come un Testo fondamentale non deve essere, ovvero un’antologia di tutti i piú illustri luoghi comuni che la letteratura giuridica sull’argomento abbia mai presentato (cfr., sul punto, sempre G. CAPOGRASSI, Dubbi sulla Costituzione, in “Opere”, vol. VI, Milano, Giuffré, 1959, pp. 105–108).
Prof. Daniele Trabucco Costituzionalista il 18 Marzo 2024