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La Legge è un bene, ma . . di Daniele Trabucco

Come la postmodernitá, nella quale siamo oggi pienamente inseriti, ha radicalizzato la liberazione della legge dallo “ius”, dalla “iustitia”, favorendo la trasformazione di ogni pretesa in diritto.

Platone (428 a.C. – 348 a.C.), nel Dialogo “Minosse” (secondo alcuni della scuola platonica), afferma che la legge é un bene, ma a condizione che sia funzionale alla promozione del bene comune, cioé al bene dell’uomo in quanto uomo, in quanto sostanza individuale razionale chiamata a perseguire i fini inscritti nel suo essere (la conservazione della vita, il rispetto della sua dignitá intesa quale connotazione intrinseca etc.).

Detto in altri termini, la legge ha come scopo quello di aiutare gli uomini a perfezionare la loro natura, la loro essenza (quello che li rende quello che sono). Come ben scrive Michel Bastit, noto professore di filosofia antica e medioevale, la legittimitá della legge sta, dunque, nella sua conformitá all’ordine naturale. Il legislatore, allora, non é un sovrano, secondo la dottrina politologica moderna, bensí colui che, per primo, é chiamato ad obbedire alle leggi non scritte e, mediante la legge positiva, svolgere una funzione ordinatrice.

La legge, dunque, non é né l’espressione della volontá dello Stato, né la conclusione di un dibattito pubblico (come, ad esempio, ritiene il cardinale Angelo Scola nel suo libro “Una nuova laicitá”, scritto nel 2007 durante gli anni del Patriarcato veneziano, ove riduce lo Stato, che non deve essere indifferente all’esito del confronto, a strumento servente della societá civile la quale, in questo modo, diventa la regola dell’ordine giuridico).

La modernitá ha completamente stravolto questa impostazione ed ad oggi non c’é forza politica in grado di porre un freno alla deriva nichilistica della legge. Questa, infatti, individua il proprio fondamento nella sovranitá, da intendersi come supremazia, come “plenitudo potestatis” nel senso bodiniano, ed il proprio fine nella funzione contingentemente assegnatale dalla sovranitá medesima.

In questo modo, la funzione coincide con il fine: neutralizzare il conflitto sociale, conciliare potere e libertá, garantire la proprietá privata etc. A sua volta, la postmodernitá, nella quale siamo oggi pienamente inseriti, ha radicalizzato la liberazione della legge dallo “ius”, dalla “iustitia”, favorendo la trasformazione di ogni pretesa in diritto (l’interruzione volontaria della gravidanza, la possibilitá, tramite DAT (Dichiarazioni anticipate di trattamento), di rifiutare l’alimentazione mediante sondino naso/gastrico etc.).

Ora, le forze politiche tanto di centro-sinistra, quanto di centro-destra, che oggi chiedono il voto per le elezioni europee, hanno sempre perpetrato il “peccato originante” della modernitá, mostrando di essere le due facce della stessa medaglia, ovvero concepire la legge come espressione del potere-forza a scapito della sua unica e vera concezione quale “partecipazione della giustizia”.

Prof. Daniele Trabucco Costituzionalista il 03 Giugno 2024


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