HomeEventiUniversità & ScuolaIus Scholae: serve davvero? di Daniele Trabucco

Ius Scholae: serve davvero? di Daniele Trabucco

Una proposta, in conclusione, inutile ed improduttiva di reali vantaggi.

Lo “ius scholae” costituisce una modalitá di acquisto della cittadinanza per cui, in linea generale, puó diventare cittadino chi ha completato un ciclo di studi. Se questo criterio venisse introdotto nell’ordinamento giuridico italiano, mediante una modifica della legge ordinaria dello Stato 05 febbraio 1992, n. 91, avremo in cinque anni oltre mezzo milione di nuovi cittadini.

Uno strumento, ritengono le forze politiche favorevoli come il Partito Democratico, Forza Italia ed il Movimento 5 Stelle, funzionale ad una maggiore integrazione e all’attribuzione degli stessi diritti spettanti agli italiani.

In realtá, le recenti dichiarazioni del Ministro per gli Affari esteri e la Cooperazione internazionale, Antonio Tajani, costituiscono, da un lato, una “prova di forza” all’interno della maggioranza parlamentare che sostiene il Governo Meloni, dall’altro dimostrano tutta la loro dimensione ideologica.

Infatti, giá oggi, sulla base della normativa vigente, chi é nato in Italia da genitori stranieri puó diventare cittadino italiano al compimento del diociottesimo anno di etá, se lo desidera, attraverso una dichiarazione di volontá  all’Ufficio di stato civile del Comune di residenza.

La proposta, portata avanti con insistenza in questi giorni dall’esponente di Forza Italia, che risultati concreti produrrebbe? Anticipare di qualche anno la facoltà di chiedere la cittadinanza, peraltro in una etá in cui ragazze e ragazzi sono ancora in pieno sviluppo? Sarebbe questa la genialata di Tajani?

Ne si pone un problema di titolaritá dei diritti, dal momento che quelli fondamentali (salute, istruzione, garanzie processuali etc.) spettano a tutti indipendentemente dal requisito della cittadinanza come ha ribadito piú volte la stessa Corte costituzionale.

Si potrebbe obiettare che la Costituzione italiana vigente del 1948 non é “neutra” in materia di cittadinanza, fornendo al legislatore statale alcune direttrici verso una maggiore inclusione, ma le modalitá e la “cifra” con cui questo deve avvenire restano sempre nella disponibilità del Parlamento il quale, ad avviso di chi scrive, ha già raggiunto un buon equilibrio con la legge n. 91/1992.

Una proposta, in conclusione, inutile ed improduttiva di reali vantaggi.

Prof. Daniele Trabucco Costituzionalista il 26 Agosto 2024

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