Vediamo di ridimensionare alcuni luoghi comuni.
La scelta di Raffaele Fitto, già Ministro senza portafoglio per gli Affari europei ed il Sud nel Governo Meloni, a Vice-Presidente esecutivo della Commissione europea con delega alle Politiche di coesione, di sviluppo regionale e delle città , é stata salutata con entusiasmo.
É stato scritto che, nel contesto comunitario, Giorgia Meloni avrebbe dimostrato di contare e che, pertanto, non sarebbe isolata. Vediamo di ridimensionare questi luoghi comuni. In primo luogo, la Vice-Presidenza esecutiva di Fitto (uomo politico per tutte le stagioni ed abile a riciclarsi) é una delle sei previste e, negli equilibri della Commissione, assume un ruolo giuridico e politico non particolarmente rilevante.
Diverso il discorso se Fitto, ma non é andata in questo modo, fosse stato scelto come Alto rappresentante per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza dell’Unione e, di conseguenza, sulla base del Trattato di Lisbona del 2007, di diritto Vice-Presidente della Commissione.
In secondo luogo, le deleghe a Fitto toccano un settore importante, ma non così di peso come fa passare una certa lettura filo-governativa. Le deleghe decisive, che toccano i gangli dell’Unione Europea, sono ben altre e riguardano i settori su cui l’UE dispone della potestà legislativa esclusiva: ad esempio, la politica estera, la concorrenza, l’agricoltura, la politica commerciale comune, l’unione doganale etc.
In terzo ed ultimo luogo, che l’Italia abbia il suo rappresentante non é un aspetto di novità. La Commissione europea, com’é noto, é composta dal Presidente e da 26 Commissari. Pur non essendo organo che rappresenta gli Stati ed i rispettivi Governi, ogni Stato membro ha “diritto” ad un suo rappresentante.
A questo si aggiunga che il voto finale sui membri della Commissione spetta al Parlamento europeo e Verdi, socialisti e liberali hanno già espresso, sulla figura di Fitto, la loro contrarietà. Vedremo gli sviluppi…
Prof. Daniele Trabucco Costituzionalista il 20 Settembre 2024