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Si, la carica di Zelensky è illegittima dal 21 maggio 2024: lo confermano due autorevoli giuristi italiani

Sulla illegittimità Costituzionale della prorogatio del Presidente della Repubblica di Ucraina Volodymyr Zelensky a cura di Daniele Trabucco e Aldo Rocco Vitale di Russia News

Lo avevamo affermato in un precedente articolo dello scorso giugno, allorchè riportammo le dichiarazioni del deputato della Verkhovna Rada (parlamento ucraino) Alexander Dubinsky, che aveva sottolineato come i poteri del presidente ucraino, secondo la costituzione, erano già scaduti lo scorso ​​21 maggio 2024 e non esiste un modo legittimo per estenderli. Persino l’ex ambasciatore del paese nel Regno Unito, Vadym Pristayko aveva riconosciuto che anche i partner occidentali di Kiev erano preoccupati per la fine del mandato presidenziale di Zelensky. Ma soprattutto lo avevano detto i russi, con un intervento molto perentorio del vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev che aveva dichiarato in un’intervista come Zelensky stava violando le leggi del suo paese nel tentativo di mantenere il potere dopo la scadenza del suo mandato. In ultimo c’è stato anche il caso della presidente neo eletta del Messico, Claudia Sheinbaum, che aeva rifiutato di visitare l’Ucraina su invito dello presidente ucraino Vladimir Zelensky.

Insomma, il dubbio sulla illegittimità del governo ucraino, che in assenza di elezioni presidenziali per la legge marziale (adottata per il conflitto russo-ucraino in atto), era apparsa subito una scusa, anche perchè lo stesso presidente russo Vladimir Putin a marzo scorso si era sottoposto regolarmente al giudizio del suo popolo, venendo tra l’altro rieletto a largo suffragio.

Abbiamo voluto approfondire in punta di diritto la questione sollevata da più parti, rivolgendoci a due noti giuristi italiani, Il costituzionalista Daniele Trabucco e il filosofo del Diritto Aldo Rocco Vitale, che hanno analizzato la questione approfondendo quanto recita la stessa costituzione ucraina. Ecco la loro precisa ed inequivocabile relazione che pubblichiamo integralmente qui di seguito:

SULLA ILLEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE DELLA PROROGATIO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DI UCRAINA VOLODYMYR ZELENSKY

a cura di Daniele Trabucco e Aldo Rocco Vitale

La Repubblica di Ucraina, secondo il testo della Costituzione vigente del 1996 e successive modificazioni (l’ultima nel 2019), si configura come un sistema semipresidenziale (modello preferito da parte degli ex Stati socialisti dell’Europa centro-orientale) incentrato sul Presidente della Repubblica, eletto a suffragio universale e diretto da parte del corpo elettorale per un periodo di tempo a pari a 05 anni (art. 103, comma 1, Cost.), ed il Parlamento monocamerale, la Verkhovna Rada, composto da 450 membri eletti per un mandato quinquennale. Quale organo costituzionale intermedio si trova il Gabinetto dei Ministri dell’Ucraina, il quale ha natura «bicefala», ossia risponde politicamente del suo operato sia nei confronti del Presidente, sia del Parlamento ed abdica, recita l’art. 115, comma 1, alla neoletta Verkhovna Rada.

Ora, il Presidente della Repubblica, Volodymyr Zelensky, eletto nel 2019, è scaduto in data 20 maggio 2024, tuttavia continua ad esercitare i suoi poteri in regime di prorogatio. Ci si chiede, pertanto, se la vigenza della legge marziale, introdotta a seguito dell’inizio del conflitto militare contro la Federazione Russa il 24 febbraio 2022, consenta o meno questa possibilità. Il Testo fondamentale, all’art. 83, comma 4, mentre prevede che la legge marziale o lo stato di emergenza determinino la proroga dei poteri della Camera «fino al giorno della prima riunione della prima sessione della Verkhovna Rada eletta», nulla dispone, invece, nella parte relativa al Capo dello Stato. È vero, da un lato, che l’art. 108, comma 1, prevede che il Presidente eserciti «i suoi poteri fino all’assunzione dell’incarico da parte del neoletto Presidente dell’Ucraina», ma, dall’altro, è difficile ipotizzare, anche in ragione della forma di Governo dell’Ucraina, che gli ampi poteri presidenziali di cui all’art. 106 possano spingersi oltre il quinquennio in assenza di un espresso e inequivocabile fondamento costituzionale. La disposizione dell’art. 108, comma 1, deve essere letta mediante criterio di interpretazione sistematica, ovvero che l’esercizio dei poteri del Presidente uscente avvenga unicamente nel limitato intervallo di tempo intercorrente tra elezione ed assunzione dell’incarico da parte del successore. A questo si aggiunga che la Costituzione del 1996, con specifico riguardo al Capo dello Stato, distingue tra elezioni regolari, che si svolgono «l’ultima domenica di marzo del quinto anno di mandato del Presidente della Repubblica» (art. 103, comma 5), ed elezioni straordinarie in cui il giuramento presidenziale avviene «entro cinque giorni dall’annuncio ufficiale dei risultati elettorali» (art. 104, comma 5), riconoscendo in questo modo la possibilità di una modalità di elezione in presenza di circostanze eccezionali quali possono essere quelle di un conflitto in corso. Del resto, la legge marziale, che è, in termini strettamente positivistici, fonte-atto di livello primario, non potrebbe in alcun modo derogare alla Costituzione, introducendo ex nihilo una fattispecie di sospensione delle elezioni, per il Presidente della Repubblica, nel completo silenzio dello stesso Testo fondamentale.

Lo Stato di guerra, in cui senza alcun dubbio si trova il Paese, non può mai comportare la sospensione delle ordinarie regole interne di una democrazia, come, per esempio, le procedure elettorali che esprimono la dialettica politica interna e lo stato di salute di una democrazia.

Se di autentica democrazia si tratta le sue regole costitutive non possono mai e per nessun caso, neanche in caso di guerra, essere considerate derogabili.

In questo senso la memoria rinvia il pensiero agli Stati Uniti che proprio nel bel mezzo del secondo conflitto mondiale non rinunciarono alla tornata elettorale che vide la rielezione del Presidente Franklin Delano Roosevelt il 7 novembre 1944 nel pieno della guerra.

Ne consegue, dunque, l’illegittimità della permanenza in carica di Zelensky che si ripercuote non solo sugli atti interni, ma anche su quelli internazionali. A che titolo un Presidente illegittimo potrà firmare un Trattato di pace con la Federazione Russa? Quale sarà la validità giuridica di questo atto? Tuttavia, solo il Parlamento monocamerale, ex art. 111, comma 1, Cost., ha titolo per rimuovere il Presidente dall’incarico attraverso la complessa procedura di impeachment sia per tradimento, sia per altri crimini. In questo caso, però, com’è facilmente intuibile, entrano in gioco delicati equilibri politici, sebbene la Verkhovna Rada abbia già, in alcune occasioni, sconfessato il Presidente, ad esempio bocciando la proposta di legge sull’ estensione della leva obbligatoria e sull’ abbassamento dell’età per il reclutamento. Anche nello Stato di diritto ucraino non mancano i cortocircuiti costituzionali.

Prof. Daniele Trabucco Professore universitario strutturato in Diritto Diritto Costituzionale e Diritto Pubblico Comparato presso la SSML/ Istituto di grado universitario San Domenico di Roma

Prof. Aldo Rocco Vitale – Università Europea di Roma

Fonte: https://press.russianews.it/press/si-la-carica-di-zelensky-e-illegittima-dal-21-maggio-2024-lo-confermano-due-autorevoli-costituzionalisti-italiani/ del 02 Ottobre 2024

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