Tra fantomatici untori, medici e politici “Azzecca-garbugli” un laconico ricordo della nuova peste manzoniana: “Oggi come allora, la storia dimenticata della Colonna infame di Milano” simbolo della superstizione popolare e dell’iniquità del sistema giudiziario del ‘600
Milano, 1630-2020 e anni seguenti: “Oggi come allora, la storia dimenticata della “Colonna infame”, di seguito riportiamo il testo della targa posta nella città lombarda, tra via Gian Giacomo Mora e corso di Porta Ticinese, che si può leggere ancora oggi:
Qui sorgeva un tempo la casa di Giangiacomo Mora ingiustamente torturato e condannato a morte come untore durante la pestilenza del 1630, “è un sollievo pensare che non seppero quello che facevano, fu per non volerlo sapere, fu per quell’ignoranza che l’uomo assume e perde a suo piacere, e non è una scusa, ma una colpa”.
Alessandro Manzoni, Storia della Colonna infame,
(simbolo della superstizione popolare e dell’iniquità del sistema giudiziario del ‘600).
L’arguto scrittore siciliano Leonardo Sciascia li apostrofò come “Burocrati del male”, furono i giudici della “Storia della colonna infame”, vicenda poco nota ma molto attuale che narra del processo intentato a Milano, nella terribile peste del 1630, contro due presunti untori, Guglielmo Piazza e Giangiacomo Mora ritenuti responsabili del contagio, in seguito ad una falsa accusa da parte della popolana Caterina Rosa, giustiziati col supplizio della Ruota e la distruzione della casa-bottega di quest’ultimo: come monito venne eretta sulle macerie dell’abitazione del Mora la “Colonna Infame“, che dà il nome a questa triste e dimenticata vicenda.
Milano, 1630-2020 e l’Historia magister vitae si è quindi ripetuta?
Tra presunti untori e i tanti “Azzecca-garbugli” tutto cambia, per non cambiare nulla, sull’Italico suolo, come le cinque categorie umane de “Il Giorno della Civetta” sempre di Leonardo Sciascia: gli uomini veri, i mezzi uomini, gli ominicchi, i ruffiani e in ultimo, come se non ci fossero, i quaquaraquà. Sono pochissimi gli uomini, i mezzi uomini pochi, già molti di più gli ominicchi (sono come bambini che si credono grandi) quanto ai ruffiani, stanno diventando un vero esercito. E infine i quaquaraquà, ovvero noi, mandria di teleguidati verso un futuro “Sostenibile” di coatta felicità programmata.
Invero, da quando il dio Profitto ha scacciato l’humana pietas e il semplice buon senso e con esso probabilmente gli elementari principi del diritto, della scienza e del vivere comune, a 4 secoli di distanza sembrava proprio esser tornati ai tempi bui della peste manzoniana: i luoghi sono gli stessi, gli interpreti e i molti tristi figuri, pure.
Tra il solito esercito di “quaquaraquà” , i molti servizievoli Monatti e i pochi, pochissimi veri eroi, oggi come allora, si sono viste le terrificanti cataste di cadaveri, anche se modernamente avvolte in sacchi neri (per mandarli al crematorio senza l’inutile autopsia) e le città spettrali con morti viventi vagare “mascherati” come sospesi in un limbo temporale: basiti, quasi increduli, al momento ci sembrò impossibile, quasi surreale, ma prendiamone atto le nostre povere vite sono state realmente sequestrate per più di due anni e mezzo in una infinita quanto sospetta “Quarantena”, la prima pestilenza della storia umana con mortalità – Istat dixit – dello zero virgola qualcosa, ma Perché e soprattutto: cui prodest a chi giova?
Oggi, tra nuove emergenze bellico-climatiche e “vigile attesa”, le solite quantità industriali di soporifere tele-supposte: la parola d’ordine è rimuovere, dimenticare, giammai ricordare: obbiettivo cancellare la nostra Memoria storica per legge. Oggi, tra commissioni d’inchiesta a tarallucci e vino e i pochi mea culpa di medici e politici Azzecca-garbugli “redenti” il sonno della ragione continua a generare i soliti mostri: di costruire una nuova “Colonna infame” (ci accontenteremo dell’ennesimo Giorno della Memoria) figuriamoci, ci rimane solo quella semisconosciuta di manzoniana memoria, a noi ultimi giapponesi, paladini di Clio.
Andrea Cometti 4 Agosto 2023