Bus Elettrici & Batterie Cinesi i principali sospettati della tragedia di Mestre? La dinamica e le ragioni del terribile incidente del viadotto Vempa di Mestre stanno emergendo e sono ormai abbastanza chiare. Escluso il malore dell’autista Alberto Rizzotto.
La verità sulla disgrazia di Mestre, che è costata la vita a 21 persone – l’autista italiano e 20 poveri turisti di varie nazionalità, tra cui alcuni bambini – sta affiorando nella sua tragica fatalità e dinamiche elementari; verità che stanno emergendo dall’ottimo lavoro impostato dal procuratore capo di Venezia Bruno Cherchi. Di prassi, sono stati iscritti nel registro degli indagati due tecnici del comune e il titolare dell’impresa proprietaria del Bus elettrico cinese, mentre dopo l’autopsia effettuata dai medici legali di Padova Guido Viel e Roberto Rondolini dell’autista, il 40enne Alberto Rizzotto – martedì ci saranno i suoi funerali a Vazzola di Tezze di Piave, suo paese d’origine – è stata sostanzialmente esclusa la responsabilità del medesimo a causa di un malore.
La Vempa era la storica concessionaria Lancia di Venezia-Mestre, che dal dopoguerra aveva sede nel curvone del viadotto all’inizio di Corso del Popolo a Mestre e che tutti conoscevano bene: non aveva mai preoccupato più di tanto per la sua pericolosità ed è forse per questo motivo che dal ministro Carlo Nordio, al Governatore Luca Zaia, fino allo stesso sindaco Luigi Brugnaro, il nefasto evento ha destato molto stupore, avendolo percorso centinaia, se non migliaia di volte e come tanti veneziani tutti lo conoscevano e nessuno avrebbero mai pensato di assistere ad un così tragico incidente stradale. Ma cosa è realmente successo in quei tragici secondi, sullo storico viadotto “Vempa” di Mestre?
Il video delle telecamere di sorveglianza in cui si vede il Bus rallentare, accostare un altro Bus e poi precipitare nel vuoto, ha già fatto capire a molti esperti e veterani del settore trasporti alcuni dei determinanti motivi della “causa prima” responsabile del tragico incidente: determinati saranno le perizie, incidenti probatori e soprattutto l’analisi sull’impianto frenante, le batterie elettriche – ancora non in sicurezza – e la perizia sul Guardrail.
Nel merito dell’incidente: non sono stati rilevati segni di frenata e le luci dei freni stessi sembra nessuno li abbia visti, ma soprattutto perchè Rizzotto ha urtato per ben 27 volte il Guardrail prima di trovare un “inconsueto” varco di circa due metri nel Guardrail – dovuto ad un tombino – che l’ha portato ad urtare ed accavallare il Guardrail stesso fino a guidarlo in un mortale volo nel vuoto e non prima che parte della banchina in cemento sia ceduta a causa dell’enorme peso del mezzo stesso. Il Bus ha iniziato a sbandare a 36 Km/h, uscendo a 6 Km/h nel punto incriminato, velocità che obbiettivamente si commentano da sole e che fanno pensare piuttosto e con robuste motivazioni a un serio problema all’impianto frenante.
In un primo tempo alcune dichiarazioni dell’altro autista presente sul viadotto sembravano aver evidenziato alcune uscite di fumo dalla parte posteriore del Bus guidato dal Rizzotto, i verbali degli interrogatori in mano al magistrato comunque, faranno chiarezza anche su questo punto. Infine, ad avvalorare l’ipotesi del guasto all’impianto frenante è la semplice tecnica applicata al mezzo elettrico di recente fabbricazione cinese, batterie comprese che in caso di guasto delle batterie stesse escludono l’impianto frenante, rendendo il Bus praticamente inguidabile.
Un tempo Bus e Corriere ad uso pubblico venivano testati attentamente anche sulla tenuta della carrozzeria: altri tempi e altre priorità di sicurezza?
La distribuzione dei pesi poi, con le pesanti batterie presenti sul tetto del mezzo, oltre ad influire sulla stabilità del mezzo stesso, nella caduta hanno determinato un evidente cedimento della struttura della carrozzeria: infatti la maggioranza delle cause di morte dei poveri turisti è stato per poli-traumi da schiacciamento e non per il piccolo incendio susseguito all’impatto con il suolo.
Le verità, anche se non riporteranno in vita nessuno delle sfortunate vittime, stanno dunque pian piano emergendo, innescando anche una piccola riflessione d’obbligo: un tempo Bus e Corriere ad uso pubblico venivano testati attentamente anche sulla tenuta della carrozzeria, ad esempio alla storica Sica di Vittorio Veneto in molti ricordano le tonnellate di pietre poste sul tetto per dare l’Ok definitivo all’omologazione dei mezzi da parte dei severi ingegneri; altri tempi, altre priorità di sicurezza oltre ad altre tecnologie con i tanto vituperati combustibili fossili – Diesel, benzina e relativi mezzi – ma forse è solo la nostra “Nemesi dei Trasporti” sacrificati sull’altare della transizione ecologica a tutti i costi e della pressante Agenda Green 2030.
In redazione AC il 15 Ottobre 2023