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Pensiero Moderno e Diritto Naturale Classico di Daniele Trabucco

Perchè la legge naturale non é avulsa dalla realtá, ma é in contatto con essa e richiede un’antropologia realistica alimentata dall’apporto positivo di tutte le scienze umane.

Il pensiero filosofico moderno, che inizia con Cartesio (1596–1650) ma é anticipato dall’antropologia del periodo umanistico e rinascimentale, é passato dal primato dell’essere al primato del soggetto inteso come sorgente creativa di valori e storia, come coscienza la quale non riconosce altri fini al di fuori di sé.

In questo modo, la modernitá ha aperto le porte al relativismo teoretico, presupposto del conseguente relativismo morale e giuridico. Se, infatti, si nega l’esistenza di una veritá assoluta, di conseguenza non esistono valori morali e giuridici assoluti.

Pertanto, la proclamazione dei diritti umani nelle Costituzioni o nei Trattati internazionali, o meglio la loro positivizzazione, lungi dall’attribuire loro qualunque concretizzazione e universalitá, evidenzia solamente il loro fondamento contingente ed arbitrario.

La modernitá, detto diversamente, ha accolto il principio di libertá in luogo del principio di veritá. Il ritorno, allora, al diritto naturale classico ed al realismo di matrice aristotelico e tomista consente di recuperare la veritá del bene e del giusto.

É bene ció che corrisponde alla natura dell’ente uomo, alla piena realizzazione di ció che lo rende quello che é. Negare che vi siano inclinazioni naturali che sono funzionali a conseguire alcuni fini connaturati nell’essere (ad esempio, la ricerca della Veritá, vivere in una comunitá organizzata, mettere a frutto i propri talenti nell’ambito dell’esercizio dell’attivitá lavorativa, l’apertura alla vita etc.) significa cadere nell’indifferentismo, per cui é indifferente per l’uomo perseguire alcuni fini piuttosto che altri.

Eppure, questa impostazione mostra tutta la sua debolezza argomentativa: se per l’uomo fosse indifferente l’apertura alla vita, si metterebbe in discussione la continuazione della specie e, quindi, la sua stessa sopravvivenza, se per l’uomo fosse indifferente vivere in modo isolato dagli altri o in comunitá, perché il linguaggio, la parola, il pensiero che favoriscono il confronto dialettico e l’aiuto in caso di necessitá (essere curati in ipotesi di patologia) etc.?

Tutto questo non significa affatto non riconoscere la dimensione storica in cui l’uomo si viene a trovare: essa costituisce un vantaggio per il diritto naturale il quale, nel divenire della storia, si lascia sempre piú studiare in quanto la storia stessa ne amplia le applicazioni.

La legge naturale, dunque, non é avulsa dalla realtá, ma é in contatto con essa. Questo richiede un’antropologia realistica alimentata dall’apporto positivo di tutte le scienze umane. Un’antropologia oggi sostituita dal funzionalismo della persona, dall’essere la stessa un progetto continuamente in fieri …

Prof. Daniele Trabucco Costituzionalista il 19 Maggio 2024

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