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Le contraddizioni della nuova destra internazionale di Roberto Pecchioli

L’aria sta cambiando e possiamo dare per iniziata la battaglia culturale per liberare il nostro pezzo di mondo dalle ubbie del nuovo millennio ma certa neo destra esprime la riproposizione di un liberal liberismo oltranzista, nemico della giustizia sociale, avverso alla dimensione pubblica, ferocemente individualista, testardamente convinto che l’origine di ogni male sia il socialismo, ossia il fratello del liberalismo nato dagli eccessi del capitalismo che esaltano e dalle sue enormi ingiustizie.

La verità è la verità, la proclami il re Agamennone o il suo porcaro, scriveva Antonio Machado. Perciò abbiamo letto con molta attenzione il coraggioso discorso pronunciato a Davos, la montagna incantata globalista, da Javier Milei, l’ultra liberista presidente argentino. Un intervento in cui abbiamo udito molte verità, gridate in tono di sfida in faccia ai compunti oligarchi d’Occidente riuniti dal Forum Economico Mondiale. Insieme con le prese di posizione di Trump contro la cultura della cancellazione, l’abortismo e le smanie LGBT, sono la prova che l’aria sta cambiando. Sciogliamo dunque le campane a festa, possiamo dare per iniziata per davvero la battaglia culturale per liberare il nostro pezzo di mondo dalle ubbie del nuovo millennio?

Non proprio. E non solo per l’inquietante profilo transumanista di Elon Musk. Il fatto è che non si può risolvere un problema- il degrado culturale, civile, morale prodotto dal sistema dominante in oltre mezzo secolo- con la stessa mentalità che l’ha generato. Era la convinzione di Albert Einstein, non di un incallito reazionario. La nuova destra attacca gli esiti di una civiltà impazzita senza risalire alle cause e senza proporre una fuoriuscita dai suoi dogmi. I deliri woke, la cultura della cancellazione, le panzane LGBT e gender, la Teoria Critica sono il frutto avvelenato del liberalismo ibridato con gli apporti post marxisti della Scuola di Francoforte, della teoria francese- Foucault, Derrida-  del femminismo radicale e dei gender studies iniziati negli anni Ottanta. Tutti fenomeni nati o diffusi nelle università private americane. C’è chi lo chiama marxismo culturale. Noi non siamo d’accordo, poiché quella matrice è stata superata nella forma individualista liberatoria occidentale che ha abbandonato la questione sociale, la difesa dei poveri, l’aspirazione a un assetto socioeconomico non dominato dalla privatizzazione integrale.

Certa neo destra esprime la riproposizione di un liberal liberismo oltranzista, nemico della giustizia sociale, avverso alla dimensione pubblica, ferocemente individualista, testardamente convinto che l’origine di ogni male sia il socialismo, ossia il fratello del liberalismo nato dagli eccessi del capitalismo che esaltano e dalle sue enormi ingiustizie. Milei in particolare, con la sua motosega che tutto taglia e l’urlo finale dei suoi discorsi- viva la libertà, ca**0- rappresenta l’altra faccia uguale e contraria della moneta individualista, egoista, del progressismo occidentale abbandonato dai ceti popolari.

Milei stesso ha potuto parlare a Davos, segno che è in corso una guerra interna al sistema, non una fuoriuscita dai suoi dogmi e principi. Ha rivendicato con fierezza l’amicizia con l’israeliano Netanyhau, condividendone quindi le azioni belliche; ha definito meraviglioso Elon Musk, chiamato dama feroce Giorgia Meloni, lanciato attacchi forsennati contro un fantasma, il socialismo che non c’è.  Le parole sono pietre, e Milei ne ha lanciate molte nello stagno maleodorante di Davos. Va ringraziato di aver  chiesto al mondo di  eliminare il virus dell’ideologia woke, chiamandola “cancro da estirpare”, accusando lo stesso Forum di essere stato “ ideologo di questa barbarie”. Verissimo, ma si tratta di un medesimo spartito che non contesta liberismo e mercatismo, due cause dei mali denunciati, non medicine . In nome della  “cassetta degli attrezzi” liberale, libertaria e globalista è impossibile condurre una guerra culturale contro principi che non si è in grado di condannare in nome di criteri etici, culturali, civili comunitari.

Margaret Thatcher affermava di non conoscere alcuna società, solo individui. La coerente conseguenza sono il liberismo in economia unito all’odio per lo Stato, il libertarismo e il libertinismo nella dimensione dei valori “societali”, il rifiuto di ogni dimensione comunitaria e spirituale, l’accettazione del globalismo, l’indifferenza per le identità personali, nazionali e religiose, l’economia come orizzonte unico dell’esistenza, il mercato come divinità immanente. Destra del denaro e sinistra dei valori unite negli interessi. Se non si esce da questo cortocircuito, l’auge di una nuova classe politica internazionale che dà battaglia sui temi bioetici e metapolitici fiutando il vento resterà solo un nobile episodio.

Le contraddizioni sono gigantesche, benché grande sia il sollievo di vedere affermata finalmente una serie di verità che l’occidente terminale, chiuso nel suo dogmatismo, aveva capovolto con esiti infausti. Woke, gender, LGBT, politica delle quote etniche e di genere, vangelo climatico green, guerra dei sessi,  femminismo radicale, abortismo come diritto universale, l’armamentario suicida dei criteri DEI ( diversità, equità, inclusione) e ESG ( ambientale, sociale e di governante) che cancellano libertà, merito,  senso comune. Ottima notizia che Trump intenda bandirli, sottolineando che la diversità sessuale non oltrepassa  la dualità maschile-femminile, e smantelli l’occhiuta burocrazia politica che li sostiene. Riconosciuti i meriti di chi ha finalmente avviato una guerra culturale che dovrà fare piazza pulita innanzitutto della correttezza politica, della neolingua e della censura, dobbiamo rilevare una serie di contraddizioni che rischiano di vanificare il cambiamento.

Ci sono numerose criticità nella nuova destra trumpista e “eloniana”- nel senso di Elon Musk- che inquietano chi si batte da anni in solitudine sui temi che vengono ora agitati  trionfalmente. La prima è la contraddizione transumanista: difficile non essere preoccupati del potere che Musk ed altri hanno assunto. Potremo ancora discutere di transizione digitale, di sorveglianza, del pericolo dei chip sottocutanei, di controllo da remoto degli esseri umani, della prevalenza dell’artificiale sul naturale, della tecnica sulla scienza e sull’etica, nel momento in cui non solo l’oligarchia tecnofinanziaria schierata sul versante progressista ( Bill Gates, Silicon Valley, Black Rock eccetera) ma l’intero grumo fintech spinge l’acceleratore dell’agenda transumana fatta di Intelligenza Artificiale generativa, robotica, ibridazione dell’uomo con la macchina? Benché quasi sconosciute fuori dagli ambienti anglofoni, queste tendenze hanno una versione di “destra” nell’ideologia dell’accelerazionismo. Possiede un testo di riferimento, Illuminismo oscuro del britannico Nick Land, e brillanti attivisti come l’americano Curtis Yarvin – noto anche come Mencius Moldbug- le cui prese di posizione sono raggelanti, intrise di totale materialismo. Tecnocrazia transumana  e disumana. La faccia nascosta della luna di personalità influenzate da George Bataille, Deleuze e Guattari. Alla larga.

La seconda criticità riguarda la geopolitica. Quale multipolarismo, quale pace, se Trump proclama di voler annettere la Groenlandia (controllo della nascente rotta commerciale artica, prodotti del sottosuolo che fanno gola all’economia digitale, intercettazione di eventuali attacchi missilistici russi) riprendere il controllo dell’area del canale di Panama  contro il progetto di un canale interoceanico in  Nicaragua ? Quale rispetto per i popoli e le differenze se rivendica il “destino manifesto” americano, ossia la politica di potenza, la “casa sulla collina” dei Buoni e dei Giusti? Ancora la sfida a ogni limite, l’imperativo faustiano e prometeico di andare oltre, sempre più in là, in una volontà di potenza fine a se stessa. L’hybris , la tracotanza di chi non si ferma mai- peccato mortale per la civiltà greca- rivendicata come principio fondante. Qual è la differenza con il globalismo progressista? Ne Il principio responsabilità, Hans Jonas già quarant’anni fa invocava un approccio improntato alla prudenza da applicare ai grandi temi scientifici, ambientali, bioetici, capace di valutare le conseguenze delle azioni umane. Un’etica orientata al futuro in nome dell’umanità e del limite.

Poi c’è la superstizione mercatista, la ulteriore proclamazione della superiorità – anzi dell’unicità- del modello fondato sulla privatizzazione del mondo. E’ illuminante un passaggio di Javier Milei a Davos.  “Non ci sono fallimenti del mercato (…) poiché il mercato è un meccanismo di cooperazione sociale in cui i diritti di proprietà vengono scambiati volontariamente. Il presunto fallimento del mercato è una contraddizione in sé; l’unica cosa che genera questo intervento [pubblico] sono nuove distorsioni del sistema dei prezzi, che a loro volta ostacolano il calcolo economico, il risparmio e gli investimenti e quindi alla fine finisce per generare più povertà o un sudicio groviglio di regolamenti, (…) che uccidono la crescita economica. Se pensi che ci sia un fallimento del mercato, vai a controllare se non c’è di mezzo lo Stato, e se lo trovi non rifare l’analisi perché è lì lo sbaglio”.

Macroscopica è la contraddizione individualista e l’indifferenza etico-spirituale che la neo destra condivide con i suoi avversari, semplici concorrenti sul mercato politico. Spaventano il rancore nei confronti della dimensione pubblica e l’odio per lo Stato. L’illusione ottica liberista scambia lo Stato – ovvero l’istituzione che garantisce la legge, difende il popolo dall’anarchia e dai nemici esterni- con il collettivismo, che chiama sbrigativamente socialismo. Gettano il bambino con l’acqua sporca. Milei, il più sincero, fa una sconfortante confusione in cui verità coraggiose vengono  squalificate dall’ossessionata equazione Stato uguale socialismo. “Il femminismo, l’uguaglianza, l’ideologia di genere, il cambiamento climatico, l’aborto e l’immigrazione sono tutte teste dello stesso mostro, il cui scopo è giustificare l’avanzata dello Stato”. Se finanziate privatamente, vanno bene ?

L’ idea di libertà è declinata in senso esclusivamente economico; e la libertà dal bisogno, dalla povertà, dall’ignoranza, tutti criteri ignoti al mercatismo ? Anche l’avversione all’agenda woke non è animata da criteri morali o dall’adesione a principi opposti, ma dall’ossessione antistatale.  “Il wokismo è né più né meno che un piano sistematico del partito dello Stato per giustificare l’intervento statale e l’aumento della spesa pubblica, il che significa che la nostra prima crociata, la più importante se vogliamo recuperare l’occidente del progresso, se vogliamo costruire una nuova epoca d’oro deve essere la riduzione drastica dello Stato. “ Tutti i salmi finiscono in gloria. Ancora una volta si attaccano le conseguenze, non le cause . Ovvio, il liberalismo è moralmente indifferente. Identica all’avversario è l’adesione al mito del progresso, misurato non in falsi diritti, ma in Prodotto Interno Lordo.

La conclusione è che la guerra culturale è tutt’altro che vinta. Onore al coraggio di chi ha avuto la forza di proclamarla, un grazie sentito alle prime misure di Trump in tema di diritto alla vita, di lotta alla censura, di contrasto al gender, di rivendicazione di verità naturali negate da una ubriacatura folle. Saremo al fianco di chiunque dica la verità, Agamennone, il porcaro o chiunque altro. Ma non potremo mai aderire a una visione del mondo e dei rapporti sociali, civili ed economici egoista, materialista, padronale. Tanto meno applaudiremo l’odio per lo Stato e la giustizia sociale ( per Milei, aberrante), unici scudi di chi ha poco o nulla, e la corsa faustiana dei transumanisti. Scegliamo il male minore per autodifesa, il salvagente per non perire. Un taxi, forse l’ultimo nella notte, nella speranza che la corsa non costi troppo.   

Roberto Pecchioli il 26 Gennaio 2025

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